Il diagramma delle meraviglie (tratto da Il Gioco delle Stelle) – Vincenzo Zappalà

Copertina Gioco delle stelle..Se fossi vissuto qualche secolo fa, ciò che sto per dirvi mi avrebbe fatto sicuramente finire sul rogo. Oggi, invece, alcune considerazioni scientifiche poco “ortodosse” che sto per esprimere getterebbero una luce scarsamente professionale sulla mia persona. Sarei comunque “distrutto”. In fondo, però, mi sento scusato, dato che faccio tutto ciò solo e soltanto per dimostrare come il diagramma HR, mai abbastanza celebrato, sia la vera pietra di Rosetta dell’astrofisica, lo strumento più importante per la comprensione degli scopi e delle fasi creative ed evolutive delle stelle e, quindi, dell’intero Universo. Per comprendere meglio la straordinaria scoperta dei due scienziati (Ejnar Hertzsprung e Henry Norris Russell) e l’immensa ricaduta sull’evoluzione dell’intero Universo, è però necessario partire un po’ da lontano e risolvere (o tentare di risolvere) alcuni problemi ben più assillanti e misteriosi. In altre parole, dobbiamo sistemare alcuni concetti fondamentali………

…Siamo perciò giunti alla terza parte, quella decisiva, per la comprensione totale del più bel gioco dell’Universo…Finalmente abbiamo in mano le misure (più o meno accurate e più o meno numerose) delle famose quattro grandezze fondamentali. E’ ora di cercare di metterle a confronto, sfruttando anche le relazioni che ho, di tanto in tanto, mostrato.

Prima di tutto, fatemi fare una considerazione abbastanza personale, ma credo condivisibile. Molti potrebbero dire: “Non ci voleva una grande fantasia o intelligenza a cercare di legare tra loro i parametri stellari che cominciavano a essere disponibili attraverso osservazioni sempre più precise e numerose”. A posteriori hanno forse ragione, ma proviamo a metterci nei panni degli scienziati di fine ottocento. Grandi passi avanti per ciò che era la meccanica celeste (teoria facilmente verificabile nel sistema solare) e per la fisica teorica (anche se non vi erano i “mostri” del CERN). Per le stelle, invece (e ancor peggio per quelle strane nebulosità che si intravvedevano tra loro) si era proprio alla preistoria. Sì, c’era il Sole che poteva far capire qualcosa, ma ancora niente o quasi si sapeva degli infiniti puntini luminosi che brillavano nel cielo.

Proprio in quel periodo così importante per l’astrofisica sperimentale si mettono a punto due tecniche osservative importantissime e decisive: la fotografia e la spettroscopia. La prima evolverà poi nei sistemi di ricezione odierni ben più potenti, ma allora era l’unico metodo per entrare nelle profondità del cielo e poter raccogliere luce indipendentemente dalle caratteristiche del limitato occhio umano. Più si esponeva una lastra e più deboli e numerose erano le sorgenti luminose che si mostravano su quel pezzo di vetro cosparso di gelatina.

Ancora più importante era la spettroscopia, anche se molto rozza e primitiva. Essa permetteva di sezionare nei vari “colori” la luce bianca che giungeva a terra, capirne la somiglianza con il corpo nero e tutto ciò che abbiamo già raccontato.

Decisivo, però, è stato il passo che le osservazioni sempre più accurate potevano finalmente permettere. Già si sapeva come poter fare a calcolare la distanza di una stella relativamente vicina, ma restava teoria pura. A fine ottocento arrivarono i primi risultati seri e precisi. Pensate che prima di quel momento molti scienziati pensavano che le stelle avessero più o meno tutte la stessa luminosità (d’altra parte si conosceva solo il Sole) e che l’unico fatto che le faceva apparire di diversa luminosità era la distanza. Un bell’alibi anche per le teorie sulla fisica stellare: bastava studiare il Sole e poi determinare le distanze. Il cielo era pieno di tanti soli sparsi ovunque, tutto lì.

Questo fatto è molto importante per capire la scarsa conoscenza sperimentale e teorica delle stelle a fine ottocento: erano tutte uguali e forse la loro vita relativamente semplice. Ad esempio, si pensava che Sirio fosse la stella più vicina a noi, essendo la più luminosa.

Sirio e la costellazione cane maggiore

La costellazione del Cane Maggiore impreziosita dalla brillante Sirio

Quando si scoprì che la stella di Barnard era decisamente più vicina anche se appariva molto debole (25000 volte meno luminosa di Sirio), le cose cambiarono completamente. Si era, però, già nel 1916 o giù di lì. Sarebbe stato facile in quel momento cominciare a riguardare le proprietà osservative delle stelle e a pensarci sopra. Ma Russel e Hertzsprung lo avevano già fatto e avevano già indirizzato le ricerche per il futuro.

Ecco la loro grandezza e genialità: aver pensato a qualcosa prima che diventasse chiaro e facile. O, meglio, aver aperto gli occhi per la pianificazione delle ricerche successive che magari avrebbero preso altre direzioni e avrebbero ritardato la scoperta dell’evoluzione stellare.

Permettetemi un esempio in un campo completamente diverso, ma molto calzante (almeno per me). Oggi vi sono moltissimi pittori, anche di scarso valore artistico, capaci di disegnare un paesaggio, una serie di persone, uno scorcio cittadino, seguendo le regole della prospettiva. E’ una tecnica di dominio pubblico che necessita solo un po’ di concentrazione e di studio. Applicarla, invece, nei dipinti del primo quattrocento voleva dire essere dei geni assoluti e dei rivoluzionari totali. Masaccio, Piero della Francesca e i loro seguaci e coetanei hanno aperto una nuova strada nell’arte. Senza di loro forse non conosceremmo né Michelangelo né Leonardo. Chissà… qualcuno ci sarebbe senz’altro arrivato in seguito? Sicuramente sì, ma quando? Di certo la storia dell’arte sarebbe stata diversa. E così anche l’astrofisica senza Russel e Hertzsprung.

Intorno al 1910 si cominciò a pensare che le stelle si dividessero in due grandi categorie: quelle luminose, blu e calde e quelle deboli, rosse e fredde. Nessuno infatti aveva ancora trovato una stella debole e calda. Qualsiasi stella poco luminosa veniva, quindi, giudicata sicuramente anche fredda.

L’astronomo statunitense Henry Norris Russel decise di studiare più a fondo la questione e vedere come si comportavano le stelle con distanza conosciuta (e quindi di magnitudine assoluta nota). L’unico modo era di avere il maggior numero di informazioni sul colore e la temperatura degli astri. In poche parole, sul loro tipo spettrale. Russel si limitò, però alle stelle vicine e luminose, le uniche che permettevano allora una misura accurata della distanza. Era inutile ottenere spettri di oggetti lontani e/o deboli di cui non era possibile ricavare la lontananza. Una scelta pratica e inconfutabile.

Chiese, allora, a Edward Pickering di cercare, nel suo archivio, gli spettri di stelle aventi tali caratteristiche. In particolare chiese quello di una stella veramente speciale che aveva creato non poca confusione. Essa era la debole compagna di Omicron2 Eridani, chiamata appunto Omicron2 Eridani B. Insieme all’assistente Willamina Fleming, Pickering trovò quello che Russel cercava. La stella era estremamente debole ma di tipo spettrale A. Impossibile! Il tipo spettrale A era riservato a stelle caldissime, rappresentanti meno del 5% delle stelle di spettro conosciuto. La temperatura doveva aggirarsi intorno ai 9000 gradi, nettamente superiore a quella del Sole.

Come già sappiamo la luminosità varia con la quarta potenza della temperatura, il che vuole dire che se fosse stata grande come il Sole avrebbe dovuto essere incredibilmente brillante. Per poter ricevere un flusso luminoso intrinsecamente così potente, ma all’apparenza debolissimo, la luce doveva essere emessa da una superficie piccolissima (vedete come sono comode le formule che legano temperatura, luminosità e raggio? Niente da fare: la formula matematica permette di semplificare e di condensare discorsi lunghissimi e approssimativi. E’ proprio il linguaggio della fisica). La conclusione era una sola: Omicron2 Eridani B doveva essere una stella di esigue dimensioni, probabilmente non più grande della Terra!

Russel, Pickering e Fleming si erano imbattuti nella prima nana bianca e nella eccezionalità delle sue caratteristiche fisiche. In realtà il color “bianco” valeva solo per quella stella in particolare, dato che poi se ne trovarono di tutti i colori (cambiando la temperatura), dall’azzurro al giallo e al rosso, ma il nome rimase lo stesso per sempre.

L’interesse di Russel per i legami esistenti tra magnitudine assoluta, colore e temperatura divenne ancora più spasmodico e l’astronomo decise di mettere su un grafico le caratteristiche delle stelle di cui aveva chiesto lo spettro. In ordinata inserì la magnitudine assoluta (indipendente dalla distanza) e in ascissa il tipo spettrale o -alternativamente- l’indice di colore (anch’esso indipendente dalla distanza) che, come sappiamo (e sapevano), è legato alla temperatura effettiva del corpo nero corrispondente.

Russell, Nature, 93, 252 (1914)

Il diagramma originale di Russel, pubblicato nel 1913. Si noti la prima piccola, isolata, caldissima, nana bianca – Nature, 93, 252 (1914)

Russel pubblicò il suo grafico nel 1913. Esso divenne immediatamente popolare e considerato il modo migliore per rappresentare in un sol colpo l’intera popolazione stellare. Il nome rimase “diagramma di Russel” finchè non si venne a conoscenza che già nel 1911 l’astronomo danese Ejnar Hertzsprung aveva pubblicato un grafico analogo su una sconosciuta rivista che nessuno aveva praticamente letto. Con grande onestà scientifica (a volte gli studiosi sanno dare piccole lezioni di umiltà e di correttezza) il nome del diagramma divenne di Hertzsprung-Russel, con il nome del danese per primo. Ormai si parla di questo metodo di rappresentazione come del diagramma HR.

Non tutto lo spazio era occupato e vi era una chiara linea di tendenza principale. Le stelle blu, calde e luminose, si piazzavano in alto a sinistra e le rosse, fredde e deboli, in basso a destra (come già ipotizzato e previsto). Tuttavia, vi era un altro ramo composto di stelle rosse e fredde: oggetti che invece di diminuire la propria magnitudine la aumentavano. Infine, isolata e quasi assurda, Omicron2 Eridani B, calda e di irrisoria luminosità.

Il diagramma di Russel si riferiva solo a stelle che si trovavano entro i 30 anni luce dalla Terra.

h-r-diagram

Diagramma HR schematico moderno

A questo punto era chiaro che la popolazione stellare non seguiva soltanto un’unica legge magnitudine-temperatura, ma era composta da oggetti che si staccavano dal trend normale. Era necessario iniziare a studiare gruppi di oggetti particolari, per vedere se la situazione sarebbe stata sempre la stessa oppure sarebbe cambiata.

Un primo gruppo da prendere in considerazione era quello delle Pleiadi, (M45) nella costellazione del Toro.

Three-colour image made from plates taken at with the UK Schmidt TelescopeB8960, IIa-O/GG 385; V8826, IIa-D/GG 495; R8935, 098-04/RG 630.  B:G:R  30:30:40 min exposure

Three-colour image of M45 made from plates taken at with the UK Schmidt TelescopeB8960, IIa-O/GG 385; V8826, IIa-D/GG 495; R8935, 098-04/RG 630. B:G:R 30:30:40 min exposure

L’ammasso delle Pleiadi rappresentato nel diagramma HR.

L’ammasso delle Pleiadi rappresentato nel diagramma HR

Tutte le stelle sono quasi perfettamente piazzate lungo la linea che parte da quelle calde, blu e luminose e termina a quelle fredde, rosse e deboli. Non vi sono nane bianche e nemmeno stelle fredde, rosse e luminose.

Un secondo è l’ammasso globulare M3, nella costellazione dei Cani da Caccia.

ammasso globulare m3 noao

Globular Cluster M3 from WIYN – Credit & Copyright: S. Kafka & K. Honeycutt (Indiana University), WIYN, NOAO, NSF

hr diagram ammasso globulare m3

L’ammasso globulare M3 rappresentato nel diagramma HR. The main sequence turn off has an apparent value of r = 19.25 – (c) Galactic Discovery Project.

In questo diagramma, trascurando per un momento la striscia quasi orizzontale, sembra che esista solo la parte inferiore della diagonale delle Pleiadi, quella degli oggetti freddi e deboli. Al posto di quella superiore (stelle calde e luminose) appare il ramo di destra degli astri freddi e brillanti.

Un piccolo chiarimento. La scelta di due gruppi così speciali è legata essenzialmente all’alto numero di oggetti che contengono e alla più che probabile vicinanza delle stelle che li compongono. Anche se nelle due figure precedenti è inserita la magnitudine assoluta, per gruppi di stelle poste tutte alla stessa distanza si può usare la magnitudine apparente. Un grosso vantaggio indubbiamente sfruttato in tempi in cui la determinazione della distanza non era un gioco da bambini.

Le tre figure precedenti erano un bell’enigma per gli astronomi dell’inizio del XX secolo. Una possibilità era che le tre popolazioni fossero gruppi di stelle intrinsecamente differenti. Quella più seguita, però, implicava la ricerca di un unico modello per i tre diagrammi. D’altra parte la zona in basso a destra era comune alle tre popolazioni.

Tra i molti studiosi, si distinse Allan Sandage, che propose un “movimento” delle stelle lungo il diagramma HR in funzione della loro età. Le stelle nascono come le Pleiadi, lungo la diagonale principale. All’avanzare dell’età iniziano a lasciarla spostandosi sulla destra e le più luminose sono le prime a muoversi. Questa evoluzione si vede chiaramente nel diagramma dell’ammasso globulare. Un po’ alla volta anche gli astri più deboli lasciano la diagonale. Ovviamente il primo diagramma di Russel conteneva stelle di tutte le età e quindi era un mix di popolazioni diverse. Insomma le differenze nei tre diagrammi erano solo dovute all’età delle stelle.

Era nata l’astrofisica stellare.

3.2 La grandezza delle bolle

Prima di andare avanti nel nostro gioco, parliamo un po’ del raggio. Vi sarete accorti che non ho detto quasi niente sulla determinazione diretta di questo parametro. In realtà i problemi sono essenzialmente due: è difficile misurarlo e non è facile definire un limite esterno per un oggetto gassoso che non ha una vera e propria superficie come i pianeti e che tutto fa meno che stare tranquillo e rilassato.

Potrei dirvi che oggi si riescono a determinare, finalmente, alcuni raggi di stelle giganti per mezzo dell’interferometria e che altre misure si ottenevano già da tempo con le binarie a eclissi. Tuttavia, il raggio diventa veramente importante solo nei momenti critici delle stelle, ossia in quelli che nei primi diagrammi avevano creato sorpresa e poi aperto le porte all’evoluzione stellare.

Sto parlando, ovviamente, del ramo di destra a bassa temperatura e luminosità elevata e delle nane bianche, le prime anomalie incontrate nel diagramma appena nato. Ebbene, chi le causa e le fa notare visivamente è soprattutto il raggio. E’ lui che non segue più le regole e mette in evidenza i percorsi anomali.

Prendiamo, ad esempio, il ramo di destra. Abbiamo già visto che la temperatura scende drasticamente, ma la superficie che emette luce è talmente grande (il raggio è diventato enorme) che la luminosità supera di 100 volte quella emessa quando la temperatura era più alta. In altre parole, la luminosità cresce se aumentiamo la superficie in grado di distribuirla verso l’esterno. Faccio un paragone un po’ azzardato: un vagone della metropolitana è stracolmo di persone, ma la porta di uscita è una sola. Vedrò saltar fuori molta gente, per molto tempo, ma non avrò un flusso mostruoso di ritardatari che corrono. Pochi alla volta, insomma. Se, invece aumento il numero delle porte, immediatamente tutti gli occupanti saltano fuori e danno l’idea di una folla sterminata, maggiore di quella precedente.

Prima, tutto seguiva le regole della calma e dell’ordine (equilibrio idrostatico quasi perfetto); poi l’equilibrio si è rotto e si è dovuta cercare una nuova soluzione. Continuando in questo paragone (che vi prego di prendere con le dovute molle), se le porte si rompono in tutto il treno e ne resta una sola per l’intero convoglio, vedremo uscire pochissime persone anche se per un periodo lunghissimo. Questo assomiglia al caso delle nane bianche. La temperatura è altissima, ma il raggio è talmente piccolo che la quantità di luce emessa non può essere che estremamente modesta. Insomma, variare il raggio è come aprire un numero diverso di porte in un convoglio stracolmo di persone.

Se, poi, il numero di persone (ossia la massa della stella) comincia anch’essa a variare le cose si complicano. Per esempio, nel caso delle nane bianche, molti viaggiatori se ne sono andati da un’uscita posteriore non visibile. In altre parole, le stelle hanno perso anche una notevole quantità di massa.

Scusate questa digressione un po’ fantasiosa, ma è estremamente importante cominciare, con il piede giusto, un’analisi accurata del diagramma HR e di quelle mille cose, a prima vista nascoste, che sa raccontarci direttamente o indirettamente e che spesso vengono tralasciate nei libri. Il discorso che ho appena fatto può essere sintetizzato da un’unica formula che già ben conoscete e che riporto nuovamente:

L = 4 πσT4R2

Con quel famoso linguaggio che a tanti non piace, essa dice la stessa cosa delle mie lunghe e strampalate parole ma in modo perfettamente quantitativo. Se voglio lasciare la luminosità costante o al limite farla anche aumentare un po’ (ramo destro anomalo del diagramma HR) mentre la temperatura sta miseramente scendendo, ho un solo modo per agire: aprire le porte, ossia aumentare il raggio. Dato che la temperatura viaggia con la quarta potenza devo anche aumentarlo di molto, visto che lui va solo al quadrato!

VY Canis Majoris

A size comparison between the Sun and UY Canis Majoris. (c) HeNRyKus

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Vincenzo Zappalà – 2014

Per saperne di più:

Il Gioco delle Stelle