La cometa C/2014 Q2 (Lovejoy) e le sue compagne di avventure – Anna Galiano

Comet C/2014Q2 Lovejoy taken by Gerald Rhemann on January 21, 2015 @ Puchenstuben, Lower Austria

La cometa C/2014 Q2 (Lovejoy) ha animato le ultime notti di Dicembre 2014 e ha permesso a tutti gli appassionati di astronomia di salutare il nuovo anno ammirando la sua spettacolare chioma e lunga coda. Il passaggio della Lovejoy nei cieli notturni è pertanto il fenomeno astronomico più ricercato di questo inizio 2015. Le comete sono corpi minori del Sistema Solare costituiti essenzialmente da aggregati di polveri e ghiacci. Quando questi corpi si avvicinano al perielio (ossia sono nella posizione di minima distanza dal Sole sulla propria orbita), la sublimazione dei ghiacci e l’espulsione delle polveri generano un’atmosfera gassosa attorno al nucleo, definita chioma, che ha solitamente un diametro dell’ordine di 104 – 105 km, e caratterizzata da una densità compresa tra 104 e 106 molecole/cm3. Il vento solare interagisce con la chioma e spinge il gas e le polveri in una direzione opposta al Sole, dando origine principalmente alle code di ioni e di polveri. Le code di ioni sono composte da particelle elettricamente cariche che si dispongono su di una traiettoria più o meno rettilinea modellata dal campo magnetico presente, mentre le code di polveri si presentano con una forma arcuata, che è il risultato della combinazione della pressione di radiazione solare e del moto orbitale della cometa. Infatti, le particelle solide espulse dal nucleo, poiché sono più pesanti rispetto agli ioni, sono attratte gravitazionalmente dal Sole e risentono anche della velocità orbitale della cometa. Pertanto, a seconda della massa, esse subiscono una deviazione differente e danno origine a quella disposizione della coda detta “a scimitarra”. Le code possono raggiungere lunghezze di milioni di km ed una larghezza compresa tra 1 e 2 milioni di km mentre la densità può variare mediamente tra 10 e 100 molecole/cm3.

C/2014 Q2 è stata osservata per la prima volta da Terry Lovejoy in Australia, divenendo la quinta cometa scoperta da questo esperto cacciatore di comete. Il metodo usato da Lovejoy per identificare questi corpi minori consiste nell’esaminare con attenzione il cielo orientale prima dell’alba e quello occidentale dopo il tramonto, facendo uso di una camera CCD al fuoco di un telescopio Schmidt-Cassegrain con un diametro di 20 cm. La tecnica è relativamente semplice. Lovejoy acquisisce immagini in sequenza di numerose porzioni di cielo distanziate di opportuni intervalli di tempo, dopo di che le analizza con un software in grado di effettuare un blinking tra le riprese riuscendo in questo modo ad individuare un eventuale oggetto in movimento, non presente nei vari cataloghi disponibili.

Tripletta di immagini del campo stellare osservato da Terry Lovejoy, grazie alle quali ha individuato la cometa C/2014 Q2.

In questo modo, il 17 Agosto 2014, analizzando le tre immagini del campo stellare in Figura 1, Lovejoy è stato in grado di individuare quella cometa che, spostandosi in senso antiorario rispetto alle stelle fisse, ha poi preso il suo nome. Nel comunicato ufficiale ha annunciato la scoperta con queste parole: “Oggetto di piccole dimensioni, ben condensato, con un diametro di 15” (secondi d’arco) ed una breve e debole coda di 1’ (primo d’arco) dalla magnitudine apparente di 15, in un campo affollato di stelle”.

Comet C/2011 W3 (Lovejoy) re-emerging from behind the Sun on Dec. 15, 2011. (NASA/SDO)

Terry Lovejoy è stato lo scopritore anche della cometa C/2011 W3 (Lovejoy). Scoperta il 27 Novembre 2011, è famosa per essere sopravvissuta ad un incontro molto ravvicinato con il Sole. Infatti C/2011 W3 (Lovejoy) fa parte delle comete Kreutz Sungrazing (conosciute anche come “comete radenti”), ossia caratterizzate da orbite con un perielio molto prossimo al Sole. L’astronomo tedesco Heinrich Kreutz dimostrò che queste particolari comete sono i resti di una cometa di dimensioni maggiori frammentatasi diversi secoli fa e che continuano a muoversi su orbite correlate tra loro. Le comete radenti, avvicinandosi così pericolosamente al Sole, sono in grado di sviluppare una chioma e delle code talmente luminose da essere visibili in pieno giorno e sono destinate pertanto a divenire “Grandi Comete”. Difficilmente però queste comete riescono a sopravvivere al passaggio al perielio, poiché inevitabilmente vengono maltrattate gravitazionalmente dalla nostra stella e spesso disintegrate dalle forze mareali. Eccezion fatta, per esempio, per la Grande Cometa del 1843 e per la C/2011 W3 (Lovejoy). Quest’ultima, in particolare, ha raggiunto il perielio il 16 Dicembre 2011 penetrando nella corona solare fino a 140000 km dalla superficie del Sole. Mentre il mondo scientifico osservava l’evento aspettandosi una sua probabile disintegrazione, la cometa ha sorpreso tutti riuscendo ad allontanarsi dalla nostra stella (Figura 2) e proseguendo lungo la propria orbita.

Descrizione della traiettoria della cometa Lovejoy. Si nota come l’inclinazione orbitale sia quasi ortogonale al piano del Sistema Solare, pari a 80.3 °.

Analogamente la cometa C/2014 Q2 sta facendo parlare di sé gli appassionati di astronomia di tutto il mondo, principalmente grazie alla sua spettacolare coda di ioni. La denominazione attribuitale indica che è una cometa a lungo periodo, ossia con un periodo orbitale maggiore di 200 anni e con un’inclinazione dell’orbita casuale. Infatti la sua inclinazione orbitale rispetto al piano del Sistema Solare è di 80.3° (Figura 3), suggerendo la sua probabile provenienza dalla Nube di Oort, il guscio sferico costituito probabilmente da parecchi miliardi di nuclei cometari che circonda il Sistema Solare e situato ben oltre l’orbita di Nettuno, tra 30000 AU (Astronomical Unit) e 100000 AU dal Sole, quasi a metà strada tra la nostra stella e quella a noi più vicina, Proxima Centauri (distante 250000 AU dal Sole). In più, l’elevata eccentricità (0.998) è un’ulteriore prova a sostegno della Nube di Oort come sito di provenienza della Lovejoy. Solitamente le comete a lungo periodo sono caratterizzate da un nucleo irregolare con dimensioni comprese tra 5 e 10 km, ma nel caso della Lovejoy non si sono potute effettuare analisi accurate a causa della chioma che lo nasconde alla visione diretta. Dotata di un semiasse maggiore di 578.50 AU, non è la prima volta che la cometa Lovejoy giunge nel Sistema Solare interno: il suo periodo orbitale originale era di 11500 anni, pertanto potrebbe essere stata osservata dai nostri antenati del Mesolitico che all’epoca utilizzavano la pietra per costruire armi e utensili. La cometa è giunta nuovamente nella regione planetaria nel 1950 ma questa volta le perturbazioni gravitazionali da parte dei pianeti maggiori hanno modificato la sua orbita cosicché, una volta abbandonato il Sistema Solare (nel 2050), il periodo orbitale diverrà di 8000 anni e il suo ritorno è dunque previsto per il 10000 d.C.

Quando Lovejoy ha osservato per la prima volta la cometa, la notte del 17 Agosto 2014, questa attraversava la costellazione australe della Poppa con una magnitudine apparente attorno alla 15-esima. A Dicembre era di settima, divenendo facilmente individuabile con un piccolo telescopio o un binocolo. Il nucleo cometario circondato dalla chioma, che negli strumenti ottici appare come una sfera sfocata, è diventato in seguito visibile ad occhio nudo sotto cieli bui. A tal proposito, è bene ricordare che il nostro occhio potenzialmente riesce a rilevare corpi celesti di magnitudine attorno alla sesta, ma in presenza di inquinamento luminoso questo valore è solo teorico. Nei primi giorni di Gennaio la cometa ha raggiunto una magnitudine apparente di 5, passando ad una distanza minima di 0.469 AU (circa 70000000 km) dalla Terra il 7 Gennaio. Il 12 Gennaio la magnitudine stimata di 3.8 l’ha resa un oggetto relativamente facile ma in ambiente cittadino è stato possibile osservarla solo grazie all’utilizzo di strumenti ottici. Nei giorni successivi, poiché la cometa si allontanava sempre di più dalla Terra la sua magnitudine apparente ha iniziato ad aumentare. Quando la cometa raggiungerà il perielio, il 30 Gennaio, passando ad una distanza di 1.29 AU (circa 193000000 km) dal Sole, risulterà sempre più difficile osservarla. Dopo aver attraversato la porzione di cielo tra la costellazione di Andromeda e Perseo a Febbraio, sfiorerà la stella polare verso fine Maggio con una magnitudine apparente prevista pari a 12.

Cometa Lovejoy e l’ammasso globulare M79

Le spettacolari foto scattate da tutto il mondo riprendono l’affascinante cometa durante il suo viaggio verso il Sole. In particolare, nella notte tra il 28 e il 29 Dicembre, C/2014 Q2, attraversando la costellazione della Lepre, è transitata vicino all’ammasso globulare M79. Di seguito sono riportati 5 immagini, acquisite in remoto in Namibia da Gerald Rhemann, che riprendono la cometa nelle notti tra il 21 Dicembre e il 28 Dicembre.

Comet C/2014Q2 Lovejoy Taken by Gerald Rhemann on December 28, 23, 21, 22, 27 2014 @ Farm Tivoli, Namibia, SW-Africa

Come già accennato è evidente che la chioma e le code della cometa C/2014 Q2 hanno colori differenti. Da un lato la chioma ha un colore verdastro, mentre la coda di ioni e la coda di polveri hanno rispettivamente un colore tendente al blu ed un tenue bianco giallastro.

“It was interesting that while taking the pictures it was possible to see changes in the tail/streamers”. Adam Block/Mount Lemmon SkyCenter/University of Arizona

Per spiegare queste differenti colorazioni si deve innanzitutto precisare che il nucleo roccioso di una cometa in generale è caratterizzato da un basso potere riflettente (detta albedo). Ossia mentre il ghiaccio puro riflette il 60-80% della radiazione solare incidente, il nucleo riesce a rifletterne meno del 10%. Ora, viene da chiedere, com’è possibile che il nucleo cometario, pur essendo composto da ghiaccio, rifletta una così ridotta percentuale di radiazione solare? In realtà, da quando questi agglomerati rocciosi e ghiacciati si sono formati, circa 4.5 miliardi di anni fa, sono stati bombardati da raggi cosmici, vento e radiazione ultravioletta solare. Tali interazioni hanno innescato dei meccanismi come la fotodissociazione: in questo processo la radiazione elettromagnetica scinde le molecole ghiacciate, dotate di un’elevata albedo, che compongono le sostanze volatili semplici del nucleo (CO, CO2, H2O, CH4, NH3) in una miscela di sostanze organiche con basso potere riflettente. Questo fenomeno permette anche la formazione di una crosta solida e porosa, dalle cui fratture fuoriescono (quando la cometa è in avvicinamento al Sole) getti di gas e polveri localizzati, innescando così l’attività cometaria e dunque la formazione della chioma.

L’indagine spettrale è il metodo maggiormente utilizzato per estrarre informazioni di natura chimica dalle comete. Lo studio di questi corpi minori ha aiutato a comprendere le condizioni chimico-fisiche che caratterizzavano il Sistema Solare nei primi periodi della sua formazione, avvenuta 4.5 miliardi di anni fa. Infatti, le comete sono dei corpi rocciosi e ghiacciati rimasti sostanzialmente inalterati sin dalla loro origine e pertanto sono considerati i “mattoni primordiali” del Sistema Solare attuale. Molto probabilmente si sono generati nelle regioni del Sistema Solare esterno in prossimità di Urano e Nettuno ed in seguito sono stati trasportati nella Nube di Oort a causa dell’interazione gravitazionale da parte di questi pianeti gassosi. Le analisi spettroscopiche, già a partire dagli anni ’40 del secolo scorso, hanno permesso di individuare la presenza di radicali e ioni chimicamente instabili all’interno dei nuclei cometari. Si ritiene che questi siano prodotti dalla fotodissociazione di ghiacci, molecole stabili e strutturalmente complesse identificate come “molecole genitrici”. Di conseguenza ai radicali ed agli ioni è stata attribuita la denominazione di “specie figlie”. Le molecole individuate erano: CO, CH4, CO2, N2, NH3, NH, CN o C2N2 (cianogeno), OH, CH3OH (metanolo), C2H6 (etano), HCOOH (acido formico), H2CO (formaldeide).

Mentre il nucleo può essere osservato per mezzo della ridotta luce solare riflessa, ciò che rende visibile la chioma è sia il processo di diffusione della luce da parte dei gas e delle polveri che la compongono, sia il fenomeno della fluorescenza innescato dalle molecole che sublimano dal nucleo sottostante. Queste molecole, infatti, transitando dallo stato solido a quello gassoso a causa del flusso solare che ricevono, assorbono la componente ultravioletta della radiazione (corrispondente all’intervallo dello spettro elettromagnetico con lunghezza d’onda compresa tra 100nm e 400nm), si eccitano e si diseccitano, emettendo radiazione con una lunghezza d’onda maggiore, corrispondente alla luce visibile tra 400nm e 700nm. Di conseguenza la chioma cometaria è caratterizzata da uno spettro continuo (dovuto alla diffusione della luce solare da parte delle polveri e dei gas) su cui sono sovrapposte delle righe e delle bande di emissione relative alle molecole che danno luogo al fenomeno della fluorescenza.

La polvere cometaria è in realtà composta da due componenti: i silicati (soprattutto olivina) con una densità media di 2.5 g/cm3 e le cosiddette “particelle CHON” ossia composte da Carbonio, Idrogeno, Ossigeno e Azoto, (C, H, O, N), con una densità media di 1 g/cm3. È stato dimostrato come la presenza di queste due componenti dipenda dalla distanza della cometa dal Sole: mentre la prima aumenta dal 10% al 97% quando la cometa si avvicina al perielio, la seconda diminuisce dal 90% al 3%. Solitamente le specie figlie possono essere individuate esaminando uno spettro cometario nel range del visibile, mentre le molecole genitrici sono più facilmente individuabili analizzando la regione dello spettro elettromagnetico relativa all’IR e alle onde radio. Le principali specie figlie rilevate in una cometa sono il radicale ossidrile (OH), l’ossido di carbonio (CO) e il cianogeno (CN). È stato dimostrato come OH sia il prodotto della dissociazione della molecola genitrice H2O, il principale costituente del nucleo cometario. Dall’analisi spettrale della cometa Hale-Bopp, meglio conosciuta come Grande Cometa del 1997, si sono ottenute importanti informazioni sulle molecole genitrici di queste tre specie. Quando la cometa era a 700 milioni di km (4.66 AU) dal Sole e dalla Terra tra Marzo e Aprile 1996, si è riusciti a rivelare una grande emissione di CO2 tramite la presenza della riga spettrale a 4.25 micron, ritenendola la molecola genitrice di CO. Il cianogeno CN sembra essere invece il segno dell’inizio dell’attività cometaria, poiché è legato alla dissociazione della crosta del nucleo. Quando la Hale-Bopp era a 6.82 AU (30 Agosto 1995) dal Sole è stata stimata, grazie alla presenza della riga di emissione attorno a 380nm, una quantità di CN pari allo 0.3% rispetto al CO. L’8 Aprile 1996, quando la cometa era a 4.7 AU, oltre al CN è stata notata la presenza dell’acido cianidrico (HCN), analizzando lo spettro cometario nel range corrispondente alle onde radio. CN e HCN erano presenti in simili abbondanze, di conseguenza venne dedotto che il cianogeno era il prodotto della dissociazione di HCN.

Sopra è riportato un grafico che mostra chiaramente la diversa abbondanza di molecole prodotte mentre la cometa Hale-Bopp si avvicinava al Sole, raggiungendo il perielio il 1 Aprile 1997. Lo studio è stato effettuato, sfruttando diversi radiotelescopi, da un team di ricercatori capeggiati da N. Bivier (Osservatorio di Parigi) nel periodo compreso tra Agosto 1995 (quando la cometa era a circa 6.9 AU dal Sole) e Gennaio 1997 (quando Hale-Bopp era a 1.4 AU dal Sole). Fino ad una distanza di 4.7 AU l’attività cometaria era caratterizzata principalmente dall’emissione di CO, prodotto dalla fotodissociazione di CO2. Il radicale OH ha prevalso sul CO quando la cometa ha raggiunto la distanza di 3 AU dal Sole. A distanze maggiori OH era presente in minima parte poiché la molecola genitrice del radicale, ossia l’acqua, a causa della ridotta temperatura, si staccava da nucleo cometario sotto forma di particelle di ghiaccio e non permetteva la dissociazione che invece è avvenuta in seguito. Tra 3 e 2 AU l’emissione di CO ha subito un’attenuazione: una possibile spiegazione di tale fenomeno consiste nell’ipotizzare una trasformazione della crosta cometaria da ghiaccio amorfo (permeabile) a ghiaccio cristallino (meno permeabile), ostacolando la fuoriuscita del monossido di carbonio. Inoltre, ad una distanza dal Sole inferiore a 3 AU, il metanolo (CH3OH) tendeva ad aumentare lievemente. Secondo diversi studi, l’abbondanza di metanolo nei nuclei cometari potrebbe suggerire la provenienza delle comete. Se si nota, tramite analisi spettrale, un’abbondanza di metanolo superiore al 3% rispetto all’abbondanza di acqua, molto probabilmente le comete provengono dalla Nube di Oort. Se invece la quantità di metanolo è inferiore al’1% rispetto all’acqua, la regione di provenienza è, presumibilmente, la più vicina Fascia di Kuiper. Per gli altri composti chimici l’aumento di emissione è risultata essere proporzionale all’avvicinamento al Sole.

Uno studio condotto da McKay A. J. et al., nel 2011 aveva lo scopo di comprendere se l’emissione di molecole potesse variare lungo la direzione di avvicinamento al Sole rispetto alla direzione opposta. Acquisendo lo spettro della cometa periodica 103P/Hartley nel visibile, prima e dopo il suo passaggio al perielio (avvenuto il 28 Ottobre 2010), si è potuto stimare la quantità di CN, C3, C2, CH ed NH2 emessi nella direzione verso il Sole (individuati dalle linee tratteggiate) e nella direzione opposta al Sole (individuati dalle linee continue). Analizzando gli spettri del cianogeno (CN) sembra che non ci sia alcuna asimmetria nella sua emissione. Infatti CN viene emesso dal nucleo cometario con uguale abbondanza sia lungo la direzione del Sole che in quella opposta. L’emissione di C3, C2, CH ed NH2 mostra, invece, delle asimmetrie nelle due direzioni. In particolare, sembra che C2 venga emesso nella direzione antisolare con una quantità superiore ad un fattore 2 rispetto a quella emessa lungo la direzione del Sole. Anche C3 viene emesso maggiormente nella direzione opposta al Sole, anche se il fattore di emissione è inferiore a 2. Come si evince dal grafico, inoltre, l’emissione di CH della cometa 103P/Hartley sembra essere quasi assente nella direzione del Sole, la quale avviene quasi totalmente lungo la direzione antisolare.

Studi così approfonditi sono in fase di realizzazione per la cometa C/2014 Q2, ma lo spettro visibile in bassa risoluzione allegato, acquisito l’1 Gennaio 2015 presso l’Osservatorio Astrofisico R.P.Feynman mostra il tipico aspetto. Si notano i picchi di emissione associati alle molecole che, sublimando dal nucleo quando la cometa è in avvicinamento al Sole, generano il fenomeno della fluorescenza. I picchi di emissione si manifestano a specifiche lunghezze d’onda a seconda delle molecole responsabili del fenomeno. Infatti i picchi a 4700A e 5100A individuano l’emissione di fluorescenza dovuta al C2 che è responsabile del colore verde della chioma. Il picco di emissione dovuto al CN a 3880A suggerisce che anche il cianogeno contribuisce alla colorazione della chioma fornendo una tonalità violacea. Il nostro occhio, però, non è molto sensibile a tale lunghezza d’onda e non è facile percepire questo colore. In più l’altezza del picco individua l’intensità dell’emissione, strettamente connessa con l’abbondanza dell’elemento chimico.

Come accennato prima la coda di ioni è solitamente azzurrognola e la coda di particelle cariche della cometa Lovejoy non è da meno: lo spettro è composto da righe di emissione associate alla fluorescenza da parte degli ioni cometari, molto probabilmente ioni d’acqua H2O+ e ioni di monossido di carbonio CO+. La coda di polveri è invece caratterizzata da uno spettro continuo poiché le polveri diffondono la radiazione solare con uguale intensità a tutte le lunghezze d’onda.

La Lovejoy ci terrà compagnia ancora per un po’ e se il meteo sarà clemente potremmo continuare ad ammirarla e a studiarla in dettaglio.

Osservare una cometa al telescopio è un’emozione intensa, non solo per gli specialisti ma anche per chi nutre una forte passione per gli oggetti celesti e le fredde notti invernali non sono di certo un ostacolo insormontabile.

Chi dovesse perdersi lo spettacolo potrebbe riprovarci fra 8000 anni, sempre se è in possesso dell’Elisir di lunga vita!